Vi state chiedendo se la relazione con il cliente è ancora importante nel processo di vendita? Internet e i social network sono riusciti a cancellare dallo scenario del commercio la figura dei venditori e la relazione frontale con il cliente?
Ecco cosa ne pensa il dott. Antonio Manca di Mores a riguardo nel suo importante intervento tenuto in occasione del convegno dell’ 11 febbraio 2014 promosso dal Consorzio Garden Team.
“Qualche anno fa i futurologi prevedevano che la vendita non sarebbe più esistita e che i venditori, al pari di dinosauri, sarebbero scomparsi dallo scenario del commercio: internet sarebbe diventato il principale canale di vendita e avrebbe relegato in secondo piano tutte le altre forme di commercio.
Possiamo oggi tranquillizzarci, in quanto questo scenario è tramontato e si è piuttosto creata una realtà mista, nella quale si compenetrano diverse modalità di fare shopping, tutte legate alla comodità del cliente. La vera prospettiva di cambiamento è mantenere elevata nel cliente la motivazione ed il piacere dello shopping, il metterlo a suo agio nel fare la scelta, nel decidere, eliminandogli tutti i fastidi che rendono l’acquisto problematico: spesso internet rappresenta solo un momento di raccolta di informazioni e di selezione dei prodotti, la conclusione della transazione commerciale, nella maggior parte dei casi, si avviene nel tradizionale punto vendita.
Ed ecco che per facilitare questo atto di acquisto (si noti che non è una vendita subìta ma un atto volontario e propositivo), per andare incontro a questo cliente padrone, per fronteggiare il nomadismo e la scarsa fidelizzazione del cliente, per intercettare una domanda, trasversale rispetto a qualsiasi modello di segmentazione, si fa ricorso ad una serie di modalità ludiche, che rendono l’atto d’acquisto un modo di apprendere divertendosi: nasce così lo shopping esperienziale, un modello di vendita che, per avere successo, presuppone una rivoluzione della struttura commerciale, e fa ricorso a numerose competenze e discipline.
Da un lato la componente hardware del punto vendita (attrezzature, scaffalature, assortimento), dall’altro la componente software con un sistema di marketing sempre più sofisticato e interdisciplinare (visual merchandising, promozioni al punto vendita e nel punto vendita, lay out e segnaletica interna, internet, social network, etc) hanno enormemente aumentato la complessità di gestione ed allo stesso tempo richiedono una forte coerenza e un presidio effettivo per evitare che il sistema vada fuori controllo. La maggior parte degli sforzi viene troppo spesso dedicata a questo, fossilizzando l’attenzione quasi esclusivamente su questi elementi.
In questa visione è lampante che viene sottovalutata una componente essenziale per il successo della transazione commerciale: la relazione personale con il cliente, elemento tanto intangibile quanto prezioso, viene spesso ritenuto un optional, una commodity che può essere facilmente sostituita. Maggiore è il contenuto di libero servizio della formula commerciale tanto meno importante viene considerata la relazione personale con il cliente: ma paradossalmente la realtà è opposta e, per quanto il cliente si senta libero di fare lo shopping tour senza il fastidio di essere preso in carico da un addetto alla vendita, è altrettanto vero che nel momento della verità, quando vorrebbe supporto per la scelta, cambia anche il suo atteggiamento, ed il desiderio di trovare un interlocutore, con cui instaurare una relazione proficua, diventa quasi compulsivo. L’addetto alla vendita in quel momento diventa l’immagine dell’azienda che da desiderata diventa reale, diventa la promessa che si concretizza, il sogno che può finalmente essere toccato con mano: e quale delusione quando tutto questo non avviene.
Troppe volte il cliente si rifiuta di ricevere assistenza ed aiuto solo perché manca la capacità di relazione, di mettersi nei suoi panni, di essere ascoltato, perché nel venditore non percepisce interesse e motivazione. Ancora una volta il nodo cruciale diventa l’abilità di motivare l’addetto alla vendita, di far crescere in lui l’attenzione verso il cliente, di stimolarne la proattività commerciale, di fare in modo che si comporti come se il negozio fosse il suo ed il cliente una risorsa irrinunciabile. La soluzione “bisogna fare formazione” si scontra sempre più spesso con risorse economiche scarse, con assenza di tempo, incapacità di individuare un percorso formativo coerente o i formatori idonei: si procede a vista, si rinuncia a qualsiasi progetto, nel migliore dei casi si sviluppano corsi tecnici di conoscenza del prodotto o di condivisione dei processi commerciali (si badi bene, parliamo di corsi, non di percorsi). Si perde di vista l’importanza di offrire all’addetto validi motivi perché si attivi nella relazione con il cliente con un atteggiamento di attenzione e di propositività che gli deriva da un cambio di atteggiamento mentale. La formazione è proprio questo, cambiare l’approccio mentale per fare in modo che la contrapposizione “io tu” si risolva in un “noi” che comprende, l’azienda, l’addetta ed il cliente, tre elementi che devono trarre vantaggio dalla transazione commerciale.
L’impostazione di una corretta relazione personale consente un abbassamento delle barriere di diffidenza, la possibilità di sviluppare con successo attività di cross selling ed up selling, un orientamento consapevole del cliente verso determinati acquisti, una fidelizzazione derivante da un posizionamento psicologico positivo: tradotto in termini economici una marginalità complessiva crescente ed un costo del servizio decrescente.
Che tipo di formazione progettare? La formazione è soggetta a mode ma anche ad evoluzioni, l’aula tradizionale sta perdendo il suo appeal, si scoprono interessanti forme di teatro, outdoor ed altre tecniche “eteromorfe” con le quali si ottiene con maggiore efficacia un risultato interessante. Tutto bene, tutto degno di attenzione ma non basta: come ogni cliente è speciale, unico, lo stesso discorso può essere replicato sull’addetto, sia egli in alto o in basso nella scala gerarchica. Ed a ciascuno risulta efficace indirizzare una formazione mirata che possa portare ad un cambio di atteggiamento: counselling e coaching sono modalità di formazione individuale e personalizzata che permettono di entrare sul singolo, di affiancarlo e supportarlo nel ruolo che è chiamato a svolgere, sciogliendo i grumi emotivi che spesso bloccano le performances professionali. Strumenti apparentemente molto costosi ma in realtà capaci di dare risultati stabili in tempi ridotti con un vantaggio impagabile: non richiedono il “fermo macchina del punto vendita”. Gli incontri di counselling sono individuali e durano un’ora, il coaching prevede un affiancamento durante la normale attività lavorativa: risultano strumenti non invasivi e permettono di lavorare in maniera sartoriale, quasi chirurgica, sulle aree di miglioramento di ciascuno.
Che tipo di formazione progettare è uno dei quesiti da porsi, ma ce ne sono altri a cui dare risposte per completare il quadro di riferimento quando la relazione col consumatore è un asset strategico per migliorare i risultati aziendali (fatturato, redditività, conversion rate, competitività, …).
Quesiti come …
-
Chi sono e che caratteristiche hanno i clienti? Quali sono le logiche decisionali durante il processo di acquisto?
-
Che aspettative hanno quando varcano la soglia dei nostri punti vendita? E cosa fanno prima di entrare per informarsi su dove acquistare?
-
Come e in che misura le loro attese vengono soddisfatte dai punti vendita e dal personale preposto alla vendita?
-
Quali sono le realtà concorrenti e che differenziale offrono rispetto a noi?
-
Come generare “traffico” di clienti in target nei negozi della propria rete?
-
Come riconquistare i clienti persi e utilizzare ogni occasione di contatto per rafforzarne la fedeltà?
-
Come aumentare il fatturato dei punti vendita anche in momenti di crisi?
Per dare risposte chiare, oggettive, tempestive a questi (e ad altri importanti quesiti) si può attingere a metodologie di ricerca come il mystery shopping, le indagini di customer experience, i monitoraggi della concorrenza, per citarne solo alcune.
Ma il mondo delle ricerche di mercato è in continua evoluzione (sempre più spesso usufruendo anche di internet e dei social media come canali per trovare risposte) per essere “al fianco” delle aziende e delle realtà distributive nel complesso processo di incontro col consumatore.