Scritto da Sara Pensieri
Qualche giorno fa la Cisl di Brescia ha organizzato un seminario il cui tema centrale è stata la connessione esistente tra formazione e lavoro, con un focus particolare sulle Politiche Attive del Lavoro. Il seminario è stato strutturato in due parti: nella prima hanno dialogato operatori pubblici e privati, mentre la seconda ha visto come protagonisti alcuni esponenti delle parti sociali coinvolte.
Nella prima parte ci si è confrontati sugli elementi di criticità che impediscono al sistema della Politiche Attive del Lavoro di funzionare appieno e su proposte da lanciare per poter migliorare tale sistema. Quasi tutti gli interlocutori hanno concordato che la maggiore criticità risiede nella mancanza di una cultura delle Politiche Attive del Lavoro: spesso i destinatari non conoscono questo strumento e, inoltre, sono abituati a essere oggetto di politiche passive del lavoro. Serve quindi una alfabetizzazione, un cambio di paradigma che porti il destinatario a mettersi in gioco e a passare dall’essere un soggetto passivo al diventare un soggetto attivo. In questo modo le politiche attive sarebbero molto più efficaci. Inoltre, in interventi precedenti, è stato fatto notare che in Italia l’investimento sulle Politiche Attive del Lavoro è molto minore rispetto agli altri Paesi europei (in Italia viene dedicato a questa misura lo 0.42 del Pil, mentre in Francia lo 0.75, in Germania lo 0.68 e in Spagna lo 0.71).
Per quanto riguarda le nuove proposte per migliorare il sistema, le parole chiave sono state collaborazione, cooperazione e rete: l’idea sarebbe di essere maggiormente trasparenti sui dati a propria disposizione, di condividere informazioni e di essere realmente partner svolgendo un lavoro congiunto. È stato inoltre evidenziato da più parti che la nuova frontiera delle politiche attive dovrà essere la riconfigurazione delle competenze, quindi la formazione e la conseguente riqualificazione professionale: in questo modo il destinatario potrebbe avere un reale beneficio dagli strumenti delle PAL.
La seconda parte del seminario, per la natura degli interlocutori coinvolti, si è focalizzata maggiormente sul versante imprenditoriale. Il mondo artigiano ha sottolineato l’importanza che ha avuto il coinvolgimento dell’ente bilaterale per attuare investimenti in ambito digitale e formativo. Inoltre è stata evidenziata la forte correlazione esistente tra la tutela degli imprenditori da parte dello Stato e la loro capacità di investire sulla formazione del loro personale.
A livello sindacale si è invece parlato dell’importanza di contrattare, confrontarsi e allo stesso tempo programmare e pensare insieme al futuro. Il primo passo per fare ciò consiste nell’essere trasparenti con i dati che si acquisiscono perché solo mettendoli in comune è possibile orientare la promozione di corsi di formazione realmente in linea con le esigenze del mercato del lavoro.
Infine, la rappresentanza del mondo industriale ha rimarcato il fatto che formare i propri dipendenti e collaboratori significa formare non solo lavoratori, ma anche cittadini che agiscono socialmente. La formazione, dunque, ha un impatto a livello sociale e non solo imprenditoriale e aziendale. Sulla falsa riga di questo ragionamento è stato sottolineata la centralità di un ripensamento della scuola perché possa esserci una maggiore sinergia tra la formazione scolastica e il mondo del lavoro e viceversa.
La conclusione condivisa ha evidenziato l’essenzialità di avere una visione sul futuro di ampio respiro e a lungo termine. In questo scenario le Politiche Attive del Lavoro possono e devono avere un ruolo rilevante se realizzate come leve di sostegno generative che portino a riqualificazione e crescita della persona e conseguentemente a crescita a livello sociale, imprenditoriale ed economico.